Flamenco: già l’immagine nella vostra mente si colora di rosso. Rosso come la festa, rosso come il sangue del toro, rosso come il fiore della ballerina gitana o la corda del cappello del ballerino. Rossa, come una serata in Spagna. Rosso, come il quadro di Margot col vestito rosso di Pablo Picasso (Donna imbellettata).
Rossa, come la rosa meditativa che si libra in cielo con Salvador Dalì.
Immagini in cui il rosso prevale, come nelle nostre teste, quando pensiamo alla Spagna e al flamenco.
Il termine flamenco deriva dall’unione di due parole arabe, felag, contadino, e mengu, errante o fuggitivo, che dà quindi l’idea della base gitana… Oppure c’è chi dice derivi da los Flamencos, che significa i “Fiamminghi”, in riferimento al fatto che i ballerini spagnoli erano stati per anni in conflitto con quelli di derivazione fiamminga vera e propria, con cui avevano gloriosamente combattuto ai primi del 600… Oppure ancora c’è chi fa derivare il nome da flamencos, i fenicotteri, per i colori sgargianti dei loro manti e quelli dei ballerini… Mah. Io propendo per la prima ipotesi, non foss’altro per il fatto che sicuramente un’unione con i popoli erranti è assolutamente certa. Il flamenco è fortemente intriso di cultura gitana, di cultura moresca ed anche ebraica, e coinvolge sia il ballo, che tutti conosciamo, sia la musica, che accompagna il ballo, sia l’arte e la pittura ad essi ispirata. I gitani furono accettati e perseguitati a ritmi alterni, in Spagna, e questo dolore lo sentiamo anche nei loro canti… Se pensiamo alle liriche o ai salti del flamenco e ai suoi “ahi, ahi, ahi….”, percepiamo il dolore di cui è intriso. Oggi il flamenco è diventato quasi una moda, anche per il suo essere riuscito a diventare parte integrante della cultura spagnola e latina in generale…, grazie anche a tanti “testimonial”, diretti e indiretti, di questa cultura: da Joaquim Cortes, a Pedro Almodovar, Carmen Maura, Rossy de Palma, Penelope Cruz e Antonio Banderas, che con il loro “spagnol-sentire” fanno di questo loro dolore interiore la base della loro arte… Nella cultura flamenca un artista non deve essere bello o gradevole, ma “colpire”, ferire, far male, graffiare, arrecare dolore e quindi ricordo. La sua latinità è totale, e sconvolge. E una festa spagnola deve essere questo: deve colpire e colpire nel segno. Nel segno del colore e del calore, sia esterno che interiore!
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